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Introduzione alla Gnomonica
Cosa sono le meridiane
Gnomonica: l'arte di costruire i quadranti solari
La Gnomonica attraverso i secoli
Note storiche sui sistemi orari
L’attualità della Gnomonica in Italia
Gli elementi costitutivi e la varietà dei quadranti solari
Alcuni aspetti generali del patrimonio gnomonico
Etimologia del termine "gnomonica"
La funzione simbolica delle meridiane
I motti delle meridiane
Il mestiere dello gnomonista


Cosa sono le meridiane
Tutti, almeno una volta nella vita, magari casualmente, abbiamo rivolto il nostro sguardo ad una meridiana. Magari distrattamente, magari candidamente sorpresi. È certo che questi insoliti manufatti collocati sui muri di qualche antico palazzo, di qualche villa patrizia, di qualche edificio religioso o qualche vecchio cascinale, emanano un fascino arcano, lasciandoci intuire qualcosa al di là della loro funzione decorativa.
In effetti le meridiane sono opere di natura composita, in cui convergono discipline diverse - la scienza, la tecnica, l’arte, e non solo -, ed offrono virtualmente a chi le osserva più livelli di lettura, dall’informazione pratica all’approfondimento razionale, dalla fruizione estetica alla riflessione filosofica.
Dal punto di vista tecnico, la nozione comune è che si tratta di strumenti impiegati principalmente per indicare l'ora tramite l'ombra di uno stilo proiettata dal sole, ed in questo senso la loro denominazione più corretta sarebbe quella di "orologi solari". L'uso ordinario del termine "meridiane" deriva dal fatto che, tra le più svariate funzioni che hanno svolto nel corso della loro storia millenaria, l'ultimo ruolo di rilevanza e di grande popolarità è stato durante tutto il XIX secolo quello di fornire specificamente il segnale orario del mezzogiorno (in latino "meridies"); sebbene gli orologi meccanici fossero ormai abbastanza diffusi, la loro precisione non era certo quella degli attuali cronometri elettronici, ma soprattutto l'unico riferimento per regolarli era ancora imprescindibilmente di natura astronomica e dispensato dunque dalle meridiane con solerte puntualità.
Anche il termine "orologio solare", d’altra parte, risulta normalmente riduttivo poiché le meridiane forniscono quasi sempre, oltre all'ora, varie altre informazioni per esempio di tipo calendariale o astronomico o geografico. Andrebbero perciò designate, in modo più generale ma più esatto, come "quadranti solari".
I quadranti solari sono dunque, innanzi tutto, degli strumenti astronomici che riproducono il cielo e la posizione del sole in piccolo, ed appartengono a loro volta ad una classe straordinariamente vasta e varia di dispositivi denominati "strumenti gnomonici" (come gli astrolabi, le sfere armillari, ecc.), concepiti per proiettare fisicamente i grandi fenomeni celesti su schermi accessibili, proporzionati alla nostra minuscola portata fisica, per poterli analizzare e interpretare.

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Gnomonica: l'arte di costruire i quadranti solari
Alla realizzazione dei quadranti solari concorrono dunque competenze pratiche e teoriche talvolta molto distanti tra loro. Cosicché la necessità di integrare e di coordinare operazioni assai diverse, sia tecniche che creative, ha eletto storicamente la costruzione delle meridiane ad Arte, attribuendole il nome di Gnomonica.
La Gnomonica è innanzi tutto l'applicazione di una scienza esatta - interdisciplinare tra la geometria, la trigonometria e l'astronomia - che tratta la rappresentazione matematica e grafica delle ombre, in particolare di quelle solari: la Sciografia (dal greco "skià", ombra).
La Scienza si occupa dei metodi, in termini razionali ed oggettivi, la Tecnica li applica e l’Arte espande questa applicazione all’ambito del non-razionale e del soggettivo, come un ponte tra la ragione e il sentimento. È il dominio dell'intuizione, che include e oltrepassa il pensiero logico. L'Arte è dunque un naturale sviluppo della Scienza, e non il suo contrapposto, come afferma quel mito occidentale tardo-romantico cui, ahimè, ancor oggi soggiacciamo, che identifica l'artista con un campione di irrazionalità e di sregolatezza. È una visione che nessun’altra civiltà, in nessun’altra epoca, ha mai sostenuto.
Nel XVII secolo Athanasius Kircher, eclettico e geniale studioso tedesco a cui le branche scientifiche più disparate (dall'egittologia all'ottica) devono una trattatistica autorevolissima, ha definito la Gnomonica "ars magna lucis et umbrae", la nobile arte della luce e dell'ombra, un arte discreta, "minore", ma universalmente praticata in tutte le forme di civiltà.
L'uomo primitivo ha contemplato passivamente per millenni i mutamenti della luce naturale, prima che la scintilla di una intelligenza evoluta gli permettesse di intuirne il ritmo rigoroso. Il riconoscimento di simili posizioni d'ombra di un albero, di un masso, o di una vetta sul fondo valle, ha definitivamente espanso oltre le barriere dell'istinto la facoltà umana di organizzare le proprie attività: un grande passo sul cammino di emancipazione della nostra specie, forse troppo remoto per poterlo ancora apprezzare.
La Gnomonica, da allora, ha attraversato la storia dell'umanità, producendo strumenti dalle fogge e dalle dimensioni più disparate, instaurando suggestive e feconde connessioni con l’architettura, la scultura, la pittura, la decorazione, l'ebanisteria e l'oreficeria, seminando il campo della cultura dell'uomo con un ricco repertorio artistico e contribuendo in modo sostanziale agli sviluppi della Scienza, soprattutto dell’Astronomia (ricordiamo che fino al '600, cioè all'avvento del cannocchiale, l'Astronomia si è avvalsa esclusivamente di strumenti gnomonici). I cromlech celtici, le piramidi egizie e dell'America precolombiana, gli ziggurat mesopotamici, le grandi meridiane a camera oscura nelle cattedrali, i giardini astronomici di Sawai Jai Sing, non sono che alcune testimonianze monumentali di quest'Arte.
Il moderno sviluppo della Scienza ha spiazzato la Gnomonica dal punto di vista del suo ruolo strumentale. D'altra parte, se l'unica funzione della Pittura fosse quella di ritrarre, con l'avvento della Fotografia sarebbe scomparsa; e se la Gnomonica servisse solo per costruire orologi solari, non sarebbe sopravvissuta al progresso tecnologico degli ultimi 150 anni, mentre al contrario, con la protezione di Urania (Musa dell'Astronomia), essa gode tutt’oggi di ottima salute ed di un eccitante rinnovamento.
Le Arti hanno prerogative che sfuggono alle grossolane leggi del profitto e dell'utilità materiale; rispondono invece alle più profonde istanze espressive dell'uomo, alla necessità di comunicare attraverso le "opere" contenuti di ordine inconscio. La produzione e la fruizione dell'Arte costituiscono canali prioritari per il flusso dei processi evolutivi degli individui e dell'umanità. E non per nulla, proprio oggi, a fronte dei vorticosi mutamenti tecnologici, culturali, ideologici, sociali, etnici, e del diffuso sentimento di insicurezza, di instabilità, la Gnomonica rifiorisce, in risposta alla più intima ed impellente occorrenza umana di riferimenti che orientino lungo il cammino di crescita.

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La Gnomonica attraverso i secoli
Già ai primordi, sul nostro pianeta, la brutale incoscienza minerale sottostava perlomeno chimicamente al rigoroso alternarsi della luce e dell'ombra. Gli organismi hanno modellato man mano la propria evoluzione fisiologica, i loro metabolismi, il loro stesso status esistenziale, sul ciclo macroscopico dei giorni e delle notti. E questa planetaria condizione di uguaglianza non ha certo escluso l'uomo, a rendere invero significativo tale scenario pulsante: fin dal loro inizio, le vicende umane danzano il ritmo del sole che sorge e tramonta.
La Gnomonica affonda così le sue radici in un passato ancestrale. I primi quadranti solari non sono stati neppure costruiti, ma semplicemente estrapolati da qualche naturale configurazione: un pendio ben esposto percorso quotidianamente dall'ombra di un rilievo, la lunghezza in passi della propria ombra, eccetera. Ancora oggi la tradizione popolare di svariate culture conserva l'uso di orologi solari naturali: l’Italia, per esempio, è costellata di toponimi che rievocano tali attribuzioni (Cima di Mezzogiorno, Punta del Mezzodì, Sasso delle Dodici, e così via).
La nascita della Gnomonica come Arte va però correlata alla prima vera operazione creativa in materia e cioè probabilmente quella di infiggere un bastone nel suolo per la produzione consapevole di ombre "artificiali" e la valutazione attiva del loro andamento. Da allora sono stati realizzati strumenti progressivamente più precisi e specifici per proiettare il cielo in terra.
Tutte le antiche civiltà (Cinesi, Indiani, Assiri, Babilonesi, Celti, Incas, Maya, Atzechi, ecc.) hanno praticato la Gnomonica in epoche in cui il sapere non era frazionato e specialistico; scienza, arte, religione e magia confluivano; gnomonica, astronomia e astrologia avevano un solo nome. L'architettura monumentale dell'antichità mitica, preistorica e storica, aveva una impostazione generale squisitamente gnomonica: piramidi, colossi, templi erano tutti sapientemente orientati.
L'Europa è cosparsa di monumenti megalitici preistorici: i "menir" (pietre erette verticalmente), i "dolmen" (due o più menir portanti un'architrave) ed i "cromlech" (complessi circolari o poligonali formati da vari dolmen, menir e fossati concentrici). La più famosa di queste strutture è Stonehenge in Inghilterra, presso Salisbury; la sua funzione strumentale era innanzi tutto quella di determinare con esattezza solstizi ed equinozi, ma la sua configurazione centrale e proiettiva si prestava, oltre che alle osservazioni del cielo, alla determinazione simbolica e rituale di un centro del cosmo come centro di se stessi.
I culti solari dell'antico Egitto celebrarono la gloria del dio Ra con un repertorio vastissimo di opere gnomoniche. Nel tempio di Ramses II ad Abu-Simbel del XIII secolo a.C., traslato con perizia negli anni '60 per l'allagamento artificiale della diga di Assuan, un corridoio orientato collegava l'ingresso, ai piedi di quattro colossi scolpiti nella roccia, con la stanza centrale; due giorni all'anno (il 20 ottobre ed il 20 febbraio) il sole nascente penetrava le viscere della montagna per illuminare la statua del faraone, a celebrarne i fasti e la divinizzazione. Agli stessi antichi Egizi dobbiamo il primo orologio solare vero e proprio, il "merkhet", che risale al XV secolo a.C.: era un oggetto a forma di L o di T, che permetteva di interpretare l'altezza del sole sull'orizzonte. Fu talmente diffuso che la scrittura geroglifica utilizzava la sua figura per esprimere il significato di "ora".
I Greci ereditarono, tramite la civiltà cretese e micenea, il patrimonio culturale dell'Egitto e della Mesopotamia ed in particolare il loro bagaglio gnomonico, astronomico e geometrico, che seppero eccellentemente sfruttare e sviluppare. Giova qui ricordare che il pensiero greco ha elaborato le teorie di interpretazione e di rappresentazione della realtà che costituiscono la base della cultura occidentale: tutti i campi del sapere si avvalgono ancor oggi significativamente di un lessico etimologico greco, cui non sfugge appunto il termine "gnomonica".
La costruzione del primo quadrante solare greco viene attribuita ad Anassimandro di Mileto (610-546 a.C.), ma molti altri filosofi-scienziati come Anassagora (499-428 a.C.), Metone (V secolo a.C.), Democrito (460-360 a.C.), si occuparono in seguito della esplorazione dei principi matematici della Gnomonica e della loro applicazione. Purtroppo non permangono trattati originali, anche se tale culmine culturale viene ampiamente testimoniato dalla quantità di geniali strumenti rinvenuti in tutte le regioni di influenza ellenica.
Nel III secolo a.C., con le guerre puniche, giunsero anche a Roma i primi quadranti, preda di guerra dalla Magna Grecia e da Cartagine, in perfetta sincronia con l'innesto della civiltà greca in quella latina.
Il primo punto sulla Gnomonica antica fu fatto da Vitruvio Pollione (I secolo a.C.) nel trattato "De architettura", in cui sono descritti gli strumenti allora conosciuti: l'"arachnen" di Eudosso di Cnido, l'"hemicyclium excavatum" di Beroso Caldeo, lo "scaphen sive hemisphaerium" ed il "discum in planitia" di Aristarco di Samo, la "pharetram" di Apollonio di Perge, il "plinthium sive lacunar" di Scopina di Siracusa, il "pros ta historoumena" di Parmenio, il "pros pan klima" di Teodosio e Andrea, il "pelecinum" di Patroclo, il "conum" di Dionisodoro, il "conarachnen", il "cavatum plinthium", l'"antiboreum" ed i "pensilia sive viatoria".
Nel 9 a.C. l'imperatore Ottaviano Augusto fa costruire in Campo Marzio, un gigantesco quadrante solare orizzontale, utilizzando come gnomone un obelisco egizio del VI secolo a.C. depredato ad Eliopoli. Gli allagamenti, i terremoti e l'incuria si alternarono nei secoli ai restauri ed ai recuperi, fino alla completa edificazione dell'area demarcata. Alla fine del 1700 papa Pio VI fece spostare definitivamente l'obelisco in piazza Montecitorio, dove è situato tuttora, di fronte alla Camera dei Deputati.
L'uso dei quadranti solari si diffuse progressivamente in tutti i domini dell'impero romano, fino al tempo della sua caduta. Dice Plauto con sarcasmo: "Quand’ero ragazzo la sola meridiana era la mia pancia, la migliore, la più esatta. Quando si faceva sentire, si mangiava, a meno che non ci fosse niente da mangiare. Adesso anche se ce n’è, si mangia solo quando piace al sole. La città è piena di meridiane e la maggior parte del popolo si trascina torcendosi per la fame."
Col declino dell'impero romano, la civiltà occidentale tracolla verso i secoli bui dell'alto medioevo, e l'apparente regressione delle arti e delle scienze non esclude la Gnomonica. La sua pratica si affievolisce, per sopravvivere quasi unicamente in quelle roccaforti dello spirito e dell'intelligenza che furono le abbazie e i monasteri. S.Benedetto da Norcia (480-547 d.C.) fonda nel 529 il monastero di Montecassino, fissandone la Regola; il tempo dei monaci viene rigorosamente suddiviso in ore canoniche per la preghiera, per il lavoro e per il riposo. A tale scopo perdurò l'uso di quadranti solari in funzione di semplici orologi, spesso rudimentali, ma sempre proficui nell'esprimere la devozione di chi si conforma alle leggi del cielo e alla volontà di Dio.
I Benedettini si insediarono in Inghilterra nel VII secolo e tra questi eccelse Beda il Venerabile (673-735), un luminare nella notte medioevale; raccolse nel "De rerum natura" e nel "Libellus de mensura horologii" tutto ciò che sulla Gnomonica antica ed a lui contemporanea si poteva reperire: il primo reale apporto ai trattati classici di Vitruvio e di Tolomeo.
Per secoli dunque in Europa non furono più costruiti quadranti solari di rilievo. Nel frattempo i veri custodi e promotori del patrimonio gnomonico classico furono gli Arabi e solo i contatti con il mondo islamico dei califfati spagnoli e le crociate restituirono finalmente all'occidente cristiano la "conoscenza dello gnomone", per di più arricchita da originali metodi matematici.
Dall'XI al XIV secolo riprende gradualmente il cammino delle arti e delle scienze verso il Rinascimento. La rifioritura della Gnomonica viene man mano promossa dall'uso rinnovato degli orologi solari e delle clessidre, dall'invenzione di nuovi quadranti solari e degli orologi meccanici, dall'applicazione di nuovi sistemi orari, dallo sviluppo considerevole dei suoi fondamenti matematici ed astronomici, ed infine dalla pubblicazione di moderni trattati: "Compositio Horologiorum" di Sebastian Münster (Basilea, 1531), "Protomathesis" di Oronce Finé (Parigi, 1532), "Gnomonices libri octo" di Cristoforo Clavio (Roma, 1581), "Horologi solari" di Muzio Oddi (Milano, 1614, il primo testo di Gnomonica in volgare), eccetera.
Nel 1582 Papa Gregorio XIII riformò il calendario giuliano, disponendo l'uso degli anni bisestili e correggendo la data - a venerdì 4 ottobre di quell'anno seguì sabato 15 ottobre -; tale emendamento fu necessario per ripristinare e fissare la data dell'equinozio di primavera intorno al 21 marzo, ed in base a quest'ultimo calcolare correttamente la Pasqua (la domenica successiva al primo plenilunio di primavera) secondo il calendario lunisolare ecclesiastico, come stabilito dal Concilio di Nicea nel 325 d.C. Tale riforma non fu certo improvvisata, né tanto meno accolta remissivamente: molti studi approfonditi la precedettero e ancor di più dovettero succedergli per confermarne la validità e vincere l'inerzia conservatrice. Ci si avvalse a tale scopo delle "grandi meridiane a camera oscura" costruite nelle basiliche, come quella di Santa Maria del Fiore in Firenze, costruita nel 1468 da Paolo Dal Pozzo Toscanelli e ristrutturata da Leonardo Ximenes nel 1756 (col foro gnomonico a 90 metri da terra, il più grande gnomone al mondo), quella di San Petronio a Bologna, costruita da Egnazio Danti nel 1575 e rettificata da Giandomenico Cassini nel 1655 (foro a 27 metri), quella di Santa Maria degli Angeli in Roma costruita da Francesco Bianchini nel 1702 (foro a 20 metri), ecc.
Il XVII ed il XVIII secolo furono veramente solari: la Gnomonica raggiunse un apice storico sia in termini di raffinatezza tecnica ed artistica, sia in termini di estesa applicazione. In particolare durante il periodo barocco fu prodotta la gamma più vasta e disparata di quadranti, i più geniali, per celebrare con una splendida metafora la manifestazione del divino nella bellezza e nella molteplicità delle forme, e soprattutto nell'intelligenza dell'uomo, lo strumento ideale per proclamare le proporzioni auree, le leggi celesti e la perfezione dello spirito.
Uno stuolo di gnomonisti, studiosi ed artisti, accademici ed empirici, operava frattanto per rispondere alla crescente richiesta. In Francia esisteva fin dal 1582 una potente corporazione di "cadraniers", la cui memoria permane nel nome della via di Parigi dove avevano sede (rue du Cherche-midi). Di Gnomonica si sono zelantemente occupati, dal medio evo fino al secolo scorso, esperti di estrazione religiosa, domenicani, francescani, benedettini, gesuiti, ma anche l'ingegneria militare e la marina, oltre ad una schiera di eclettici artigiani, spesso itineranti, in grado di costruire strumenti se non sempre precisi, sicuramente funzionali.
Durante il periodo illuminista si ebbe la massima diffusione e popolarità degli orologi solari, al servizio di una società che mirava ad organizzare razionalmente le proprie attività; gli enciclopedisti sistematizzarono il sapere in termini di tecniche costruttive e ben rappresentativo di questa tendenza fu il trattato "La gnomonique pratique" di dom François Bedos de Celles (Parigi, 1760), il riferimento più completo per gli gnomonisti moderni fino declino di quest’arte alle soglie del XX secolo.
Nell'800 gli orologi meccanici prevalsero su quelli solari, ma molte meridiane - quelle propriamente dette - furono ancora realizzate per regolare i congegni, poiché gli unici riferimenti universalmente disponibili per la cronometria continuavano ad essere soltanto correlati alla posizione degli astri. Così si avvalsero ancora dei quadranti solari le istituzioni pubbliche, la paleo-industria e le ferrovie, fino ai primi decenni del ‘900. Nel 1925, infine, l’URI (Unione Radiofonica Italiana) inizia le sue trasmissioni lanciando il segnale orario via etere ed esonerando in tal modo la Gnomonica anche da quest'ultima mansione.
Così la "nobile arte della luce e dell’ombra" ha attraversato secoli alterni di illuminata applicazione e di oscura impopolarità, per approdare infine al nostro, caratterizzato da profondi mutamenti.
Le recenti conquiste della fisica moderna e della tecnologia elettronica hanno prodotto un'ampia ridefinizione formale dei vari settori scientifici, incluse l'astronomia e la cronometria, relegando esclusivamente all'ambito storico, artistico e didattico, gli strumenti solari, ormai superati funzionalmente, per la loro portata, e concettualmente, per la loro metodologia di origine empirica. L'unità di tempo, il Secondo, era definito fino al 1956 come 1/86.400 del Giorno Solare Medio; nel '56 venne più precisamente ridefinito come 1/31.556.925,9747 dell'Anno Tropico 1900; nel 1984 infine l'Italia aderì ufficialmente alla convenzione del Tempo Atomico Internazionale, per cui un Secondo è determinato dall'"intervallo di tempo che contiene 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo di Cesio 133.
Già l'avvento della luce elettrica aveva irreversibilmente allontanato l'uomo dal sole, dilatando il tempo della sua attività fino a trasformarne il ritmo in flusso. Nell’epoca attuale dei lumi artificiali, certo più lunare che solare, l'uomo ha sviluppato una nuova coscienza del tempo, adottandone un nuovo uso ed alienandolo dalle celesti connotazioni originarie. Oggi la Gnomonica, convenientemente dispensata dalle autorevoli mansioni fisiche del passato, si rinnova nella sua intatta e preziosa funzione simbolica. In questa veste riemerge vitale alle soglie del terzo millennio, riproponendosi all'uomo moderno, tecnologicamente evoluto ma inquieto e primitivo nella conoscenza di sé, per riconnetterlo ancora una volta ai ritmi e agli orientamenti concreti del cosmo.

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Note storiche sui sistemi orari
La prima unità di misura cronometrica naturalmente fu il giorno nella sua oscillazione macroscopica di notte e dì, e i primi riferimenti empirici per definirlo e suddividerlo furono l'alba, il tramonto e, solo molto più tardi, il mezzogiorno, la culminazione del sole a sud.
L'antichità occidentale scompose inizialmente l'arco diurno (il tempo di luce dal sorgere al tramonto del sole) in 12 intervalli detti ore temporarie ovvero ore ineguali visto che la loro durata pulsava con le stagioni: l'ora prima iniziava al levar del sole, l'ora terza a metà mattina, l'ora sesta precedeva il mezzogiorno, l'ora nona a metà pomeriggio e l'ora duodecima terminava al tramonto. Un esempio universalmente noto è quello della morte di Gesù in croce, che ebbe luogo all'ora nona, corrispondente indicativamente alle 3 di pomeriggio in prossimità dell'equinozio. Questo sistema fu altrimenti denominato, in riferimento ad alcune varianti applicative, delle ore antiche, naturali, temporali, canoniche, giudaiche e planetarie.
Purtroppo tale suddivisione squisitamente solare non era compatibile con altri strumenti cronometrici, come le clessidre, che producevano intervalli di tempo costanti. Soltanto l'uso avanzato dello gnomone come stilo polare, parallelo all'asse terrestre, permise di proiettare in modo opportuno la sfera celeste ed applicare anche in gnomonica la suddivisione del giorno intiero in 24 ore eguali.
Nel tardo medio evo vennero diffondendosi pertanto tre nuovi sistemi, contraddistinti da tre diversi riferimenti iniziali per il computo orario giornaliero. Il sistema delle ore astronomiche, precorrendo quello attuale, faceva riferimento al mezzogiorno; le sue principali varianti furono le ore equinoziali, che facevano riferimento alla mezzanotte, e le ore francesi (altrimenti dette oltramontane, europee, tedesche, volgari, comuni, civili e moderne) che consideravano e numeravano le 24 ore in due blocchi, 12 ore antimeridiane e 12 pomeridiane, a partire dal mezzogiorno e dalla mezzanotte. Il sistema delle ore italiche (così detto poiché prevalentemente utilizzato in quasi tutti gli antichi stati nel nostro paese fino alla fine del XVIII secolo) contava le 24 ore a partire dal tramonto ("ab occasu"): se, per esempio, il quadrante indicava l'ora XVIII, ciò significava, indipendentemente dalla stagione, che 18 ore erano trascorse dal tramonto di ieri e che 6 ore di luce mancavano a quello di oggi. Questo sistema risultava particolarmente utile per organizzare ogni attività umana in un'epoca priva di illuminazione artificiale. Il sistema delle ore babiloniche, simmetricamente, contava le ore a partire dall'alba ("ab ortu").
Ovviamente tutti questi sistemi esprimevano il tempo locale, riferito cioè alla reale longitudine di un ogni luogo: ogni città aveva la sua ora e d'altra parte nessun mezzo di comunicazione era abbastanza veloce da mettere in crisi la compatibilità di tali orari nella loro graduale distribuzione sul territorio. Furono proprio la velocità del treno e la simultaneità del telegrafo a renderne sensibile la differenza e ad imporre l'uniformazione convenzionale dell'ora per intiere aree politiche. L'Italia unita adottò nel 1866 su tutto il territorio nazionale l'ora di Roma, più precisamente riferita al meridiano che passa per l'Osservatorio di Monte Mario.
Inoltre la diffusione degli orologi meccanici aveva già determinato alcuni anni prima la sostituzione ufficiale del tempo vero con il tempo medio. Il tempo vero, normalmente indicato dagli orologi solari, è riferito direttamente al movimento di rotazione della terra rispetto al sole che, per motivi di ordine astronomico, non è costante: le ore vere o solari si dilatano e si contraggono leggermente durante l'anno. Gli orologi meccanici ed elettronici invece producono intervalli di tempo rigorosamente uguali e sono tarati su un tempo medio convenzionale: il giorno "medio" è stabilito dalla media annuale dei giorni "veri". Il ciclico divario tra i due tempi - e quindi tra gli orologi solari e quelli meccanici - è espresso da una funzione matematica detta equazione del tempo medio e raggiunge un massimo ritardo a febbraio ed un massimo anticipo a novembre di circa un quarto d'ora.
Frattanto ogni nazione regolava gli orologi in generale al meridiano della propria capitale, mentre la marina internazionale si basava su almeno una dozzina di strategici meridiani zero. Il primo accordo a riguardo intercorse tra gli Stati Uniti d'America ed il Canada nel 1880, cui seguirono convegni e conferenze internazionali di geografia e di geodesia per giungere infine al compromesso, scientifico e commerciale, di utilizzare il meridiano dell'Osservatorio di Greenwich come riferimento generale: a partire da questo, il pianeta fu suddiviso in 24 fusi orari di 15° ognuno. Nel 1893 l'Italia adottò definitivamente come ora legale l'ora media del fuso dell'Europa Centrale, il primo fuso a est di Greenwich (1E), passante sul monte Etna e sull'Osservatorio di Görlitz in Germania.
Periodicamente dal 1916 ed ininterrottamente dal 1966 in Italia viene infine applicato due volte all’anno uno sfasamento dell'orario legale, da invernale ad estivo e viceversa.

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L’attualità della Gnomonica in Italia
A fronte degli sviluppi tecnologici del XX secolo la Gnomonica ha tempestivamente ceduto il passo ad altre istanze culturali, per rifiorire infine sorprendentemente proprio ora, alle soglie del terzo millennio. Dall'inizio degli anni '80, dopo circa un secolo di trascuratezza, si è infatti risollevato un progressivo generale interesse verso le meridiane, di portata non solo locale ma internazionale, e ben tangibile nell'effettiva crescente richiesta per la realizzazione di nuovi impianti e per il recupero di impianti preesistenti cui si presta una rinnovata ed eterogenea schiera di moderni gnomonisti.
Centinaia di singoli appassionati, decine di associazioni e diversi enti pubblici contribuiscono attivamente alla divulgazione di quest'arte, alla sensibilizzazione di tutti verso il patrimonio gnomonico, alla sua rivalutazione, al suo rilevamento. Le iniziative si moltiplicano sempre più in modo diffuso a vari livelli, dalle attività didattiche nelle scuole, alle mostre, alle conferenze, ai convegni (come, per esempio, gli autorevoli Seminari Nazionali di Gnomonica organizzati dalla Sezione Quadranti Solari della Unione Astrofili Italiani), ai concorsi (come il concorso internazionale biennale per costruttori di quadranti solari "Le ombre del tempo" promosso dall’Osservatorio Serafino Zani e dall'Unione Astrofili Bresciani) e ai censimenti.
In particolare da alcuni anni è in atto un’ingente operazione di censimento nazionale dei quadranti solari a cura della Sezione Quadranti Solari dell'Unione Astrofili Italiani, che vede impegnati una cinquantina di coordinatori locali al rilevamento degli impianti gnomonici nelle 103 province delle 20 regioni italiane per incrementare un unico archivio informatico centrale denominato AQS: al 01-03-2006 i quadranti censiti in 3.410 degli 8.102 comuni italiani sono 15.353. Un importante risultato di questa ricerca è stata, nel 2001, l’edizione per conto dell'ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) del primo Catalogo dei Quadranti Solari Italiani, intitolato "Le meridiane dei Comuni d’Italia".
Il revival della Gnomonica è inoltre ampiamente confermato proprio in campo editoriale dalle numerosissime recenti pubblicazioni: trattati tecnici, opere divulgative, cataloghi. Si consideri che le opere pubblicate su questa materia nei primi 80 anni del XX secolo si contano sulle dita di una mano, essendo per di più destinate ad ambiti di fruizione piuttosto riservati, mentre negli ultimi 25 anni sono stati pubblicati non meno di cinquanta libri, la maggior parte di ampia diffusione.
Un ultimo sostanziale riscontro emerge da internet, il più attuale degli strumenti informativi, e dal proliferare di siti gnomonici in rete, centinaia, in tutte le lingue. Un ruolo chiave in tal senso è svolto oggi in Italia dal Coordinamento Gnomonico Italiano, attivissima comunità telematica, principale riferimento per tutti gli operatori del settore, gestore della mail-list Gnomonicaitaliana, curatore del portale www.gnomonicaitaliana.it ed editore della rivista cartacea quadrimestrale Gnomonica Italiana.

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Gli elementi costitutivi e la varietà dei quadranti solari
I quadranti solari sono costituiti da tre elementi fondamentali: il quadrante propriamente detto, lo gnomone e le demarcazioni.
Il quadrante è la superficie che riceve i raggi del sole. Può essere piano (verticale, orizzontale o comunque inclinato ed orientato), oppure concavo o convesso (cilindrico, conico, sferico), e talora perfino irregolare.
Lo gnomone invece, dal punto di vista strettamente teorico, è un segmento di retta parallelo all'asse terrestre; un suo estremo, detto nodo o indice gnomonico, è il centro del sistema proiettivo, mentre l'altro, detto polo, è il punto di intersezione con la superficie del quadrante.
In senso più esteso, lo gnomone è un concreto artificio per la produzione di ombre o di fasci di luce, significativi e coerenti con le leggi della meccanica celeste e della geometria. Sussistono pertanto due classi di gnomoni: i generatori d'ombra ed i generatori di fascio luminoso. I generatori d'ombra sono i più diffusi, e le soluzioni più ricorrenti sono quelle ad asta (come lo stilo polare, l’ortostilo, lo stilo bivalente), a catena in trazione, a lastra e bifilare. I generatori di fascio luminoso sono invece più rari; essi utilizzano un foro gnomonico per produrre con precisione un raggio di luce; le soluzioni più frequenti sono quella a piastra forata, a camera oscura e a traguardo. Sussiste inoltre una singolare categoria di quadranti solidi che non utilizza propriamente uno gnomone, ovvero una ombra portata, bensì l'ombra propria del volume del quadrante (per lo più sferico o cilindrico): le varie informazioni sono estrapolate dalla posizione della linea di separazione tra la zona illuminata e quella in ombra. Tali strumenti sono detti a terminatore d'ombra.
Il quadrante è uno specchio del cielo e intorno allo gnomone ruota il mondo; le demarcazioni sono la proiezione di una griglia di invisibili tracciati sulla volta celeste. Il cielo ovviamente non mostra linee di riferimento evidenti: per orientarci nella sua irraggiungibile infinità ci concede soltanto il movimento degli astri, e per nostra fortuna tali corpi non procedono aleatoriamente, ma secondo precise leggi meccaniche. Cosicché, con le loro orbite, coi loro cicli, essi vanno delineando nello spazio infinito disegni primordiali, tanto reali quanto squisitamente invisibili. Le demarcazioni non sono che la proiezione di queste linee fondamentali e la loro ulteriore elaborazione in diagrammi applicativi. Da tali sistemi grafici è quindi possibile estrapolare decine di informazioni di vario genere: astronomico (come, per esempio, le coordinate del sole, altezza e azimuth, declinazione ed angolo orario, ecc.), cronometrico (meridiane, calendari, orologi secondo i vari sistemi orari, ecc.) e geografico (ogni sito della terra ha il suo zenit sulla volta celeste, nonché una possibile corrispondente localizzazione sui quadranti). Oltre a queste funzioni di designazione oggettiva, le demarcazioni possono esprimere ancora innumerevoli altri codici di interpretazione, come per esempio quelli astrologici ormai totalmente in disuso.
Prescindendo dalle linee orarie secondo i vari sistemi, la demarcazione più ricorrente sui quadranti solari è la linea meridiana, proiezione del meridiano principale celeste. Spesso, sui quadranti verticali, ha la forma di una freccia rossa a piombo, puntata in basso e contrassegnata da una M. Essa indica la culminazione del sole a sud di quella determinata località, nonché il mezzogiorno vero ("mezzo giorno" significa letteralmente che tante ore di luce sono trascorse dall'alba quante ne devono ancora passare fino al tramonto). Questa linea fondamentale per la costruzione stessa degli strumenti gnomonici ha costituito per secoli il principale segnale orario giornaliero ed era talmente caratteristica e diffusa la sua funzione, che il suo nome fu adottato popolarmente, per estensione, per indicare in generale tutti gli orologi solari.
Altre demarcazioni comuni sono le linee diurne, che descrivono l'andamento dell'ombra durante un giorno specifico dell'anno; se dalla direzione dell'ombra è possibile dedurre l'ora, dalla sua lunghezza è possibile estrapolare la data. La principale di queste linee diurne è la retta equinoziale, proiezione dell'equatore celeste, che taglia trasversalmente il fascio delle linee orarie e viene percorsa dall'ombra dell’indice gnomonico il 21 marzo ed il 23 settembre; spesso è contrassegnata dai segni zodiacali di ariete e bilancia. Altre linee diurne rilevanti sono le curve solstiziali, proiezioni dei tropici celesti: quella in basso sui quadranti verticali, proiezione del tropico del cancro, viene percorsa dall'ombra dell’indice gnomonico in corrispondenza del percorso più alto del sole in cielo, il 21 giugno, solstizio estivo, mentre viceversa quella in alto, proiezione del tropico del capricorno, viene percorsa dall'ombra dell’indice gnomonico il 21 dicembre, solstizio invernale. La retta degli equinozi insieme alle due curve solstiziali costituiscono il calendario stagionale. Una ulteriore applicazione delle linee diurne è il calendario zodiacale formato da 6 curve e dalla retta equinoziale: 6 fasce in salita e 6 in discesa corrispondenti ai 12 mesi zodiacali
Se durante l'anno segnassimo ogni giorno, alla stessa ora del nostro orologio da polso, la posizione di un'ombra, ovviamente si allungherebbe e si accorcerebbe con le stagioni, ma non lungo una linea retta: genererebbe una curva a forma di 8, indicata con il nome di lemniscata. Simili demarcazioni sui quadranti riproducono graficamente lo scarto ciclico tra il tempo medio (degli orologi meccanici) e il tempo vero (degli orologi solari), permettendo di estrapolare direttamente l'ora media dalla posizione del sole.
La linea orizzontale - per concludere questa breve digressione sulle principali demarcazioni - è la più alta delle tracce utili, corrispondente per l’appunto alla più bassa posizione visibile del sole, l'orizzonte, ed indica l'escursione delle albe e dei tramonti.
Dalla combinazione delle varie configurazioni possibili di questi tre elementi fondamentali - quadrante, gnomone e demarcazioni - nasce una gamma sconfinata di strumenti, ancor più vasta se teniamo in conto le variabili dei materiali, delle dimensioni e delle specifiche soluzioni costruttive o applicative. Sussistono diversi complessi sistemi di classificazione del multiforme repertorio gnomonico che possiamo condensare in alcune principali categorie.
Una grande famiglia è costituita dai quadranti direzionali, che desumono le varie informazioni dalla coordinata celeste dell'angolo orario del sole. Possono essere piani verticali - come le nostre comuni meridiane -, orizzontali, inclinati e reclinati, equatoriali (quando sono paralleli al piano dell'equatore), polari (quando sono paralleli all'asse terrestre) e multipli, come i dittici o i poliedrici; oppure possono essere non piani, convessi o concavi, sferici, cilindrici, conici e compositi.
Una seconda grande famiglia è costituita dai quadranti d'altezza, che desumono le varie informazioni dall'altezza del sole. Possono essere a pendolino ovvero a traguardo, come i clinometri o come quelli detti rettilinei (il cappuccino, il regiomontanus, la navicella veneziana); oppure possono essere a stilo come quelli del pastore, o ad anello, o a gradini, ecc.
Infine una terza grande famiglia è costituita dai quadranti azimutali, che desumono le varie informazioni dall'azimut del sole. Possono essere generici oppure proiettivi, a stilo fisso come gli astrolabi orizzontali e a stilo mobile come gli analemmatici.
Sussistono inoltre certi tipi di quadranti che pur rientrando tecnicamente in qualcuna delle precedenti categorie, possiedono caratteristiche talmente peculiari da poter essere citati a parte, come per esempio: le meridiane a camera oscura, che tramite un foro gnomonico proiettano all'interno di un edificio un raggio di luce generalmente per il funzionamento di una grande meridiana orizzontale; le sfere armillari, che sono costituite da vari anelli graduati, circoli massimi di una stessa sfera, disposti parallelamente all'orizzonte, all'equatore, all'eclittica e al meridiano principale, e trapassati da un asse gnomonico; i quadranti a trasparenza, che sono realizzati su vetrate e leggibili dall'interno; i quadranti a riflessione ovvero catottrici, che funzionano con un raggio di luce riflesso da uno specchietto; ecc.

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Alcuni aspetti generali del patrimonio gnomonico
In relazione alla qualità delle opere gnomoniche è opportuno rilevare che, come per tutti i manufatti, anche per le meridiane sussiste una gamma qualitativa molto varia sia in termini di livello strumentale, che di elaborazione estetica e di correttezza esecutiva, oggigiorno come in passato. Esistono quadranti "ingenui", realizzati per tentativi, senza alcun rudimento, da autori improvvisati; quadranti "empirici", costruiti seguendo precise regole pratiche seppur non confortate da alcuna nozione teorica; quadranti "regolari", conformi a procedure costruttive categoriche trasmesse da vere e proprie scuole nei secoli passati, talvolta più semplici, talvolta più elaborati, ma sempre di buona fabbricazione, precisi e stilisticamente coerenti; quadranti "tecnici", caratterizzati da un predominante aspetto di alta qualità strumentale, spesso calcolati da studiosi specialisti e messi in opera da provetti artigiani; quadranti "artistici", normalmente realizzati in piena autonomia da autori singoli dotati di completa padronanza dei mezzi tecnici ed esecutivi, aderenti a rigorose linee formali, caratterizzati dall'originalità e dalla pregevolezza estetica. Le opere gnomoniche "magistrali" sono veramente rare: grandi realizzazioni per lo più monumentali, di notevole complessità, geniali nella loro concezione, uniche.
Un’altro apprezzabile aspetto dell’assortimento gnomonico, ancor oggi scarsamente analizzato, riguarda la gamma delle tipologie stilistiche. I quadranti solari hanno accompagnato la nostra storia documentandone le vicissitudini, non solo in termini di progresso tecnologico, ma anche di mutamenti istituzionali, di movimenti ideologici e di correnti artistiche. Cosicché gli attributi scientifici, costruttivi, estetici ed iconografici dei quadranti esprimono fedelmente, nel loro complesso, l’evoluzione e la varietà delle culture, consentendo una classificazione dei vari filoni stilistici, in alcuni casi delineati con estrema esattezza, in altri più sfumati.
Per quanto riguarda l’Italia, oltre agli impianti dell’antichità arcaica (studiati dall’archeoastronomia) e della classicità greco-romana, ai quadranti medioevali e rinascimentali, spiccano i quadranti "barocchi" (con tutte le loro varianti antesignane o tardive e gli adattamenti alle specificità regionali), i quadranti "illuministi" (correlati all’enciclopedismo settecentesco), i quadranti "stile impero" (del primo ottocento, il periodo delle grandi trasformazioni civili provocate dall'ondata ideologica laica della Rivoluzione Francese) e i quadranti "neo-classici".
Superati gli sconvolgimenti del primo '800, insieme al consolidamento del nuovo sistema sociale venne affermandosi verso la metà del secolo una tipologia "civile", "romantica", erede popolare della Gnomonica illuminista, affrancata però dalla retorica imperiale e dai vincoli accademici del neo-classicismo.
In concomitanza con la progressiva uniformazione culturale (nonché oraria) sul territorio nazionale determinata dall'Unità di Italia, nella seconda metà dell'800, per compensare la recessione degli orologi solari rispetto all’emergente diffusione di quelli meccanici, i quadranti "positivisti" di quel periodo rivendicavano un’alta qualità strumentale.
Con l'adesione dell'Italia alla Convenzione di Greenwich e l'adozione dell'ora media del fuso, nel 1893, termina l'epoca della Gnomonica Classica ed inizia l'epoca della Gnomonica Moderna: un passaggio contrassegnato dall'abbandono generale delle meridiane... Il dirompente progresso tecnologico-industriale rimosse ogni pratica empirista, allontanando l'uomo dal sole e dalla luce naturale, proiettandolo nel secolo della luce artificiale, dell'elettricità. Cessando la richiesta, si interruppe altresì il ciclo della gloriosa professionalità gnomonica.
Le rare meridiane "novecentesche" possono essere classificate in tre filoni: le opere "spurie", tardivamente assimilabili alle varie tipologie del passato; le opere "tardo-romantiche" (tra cui le notevoli realizzazioni del Cap.Enrico Alberto D'Albertis), retoriche, idealiste e patriottiche, eredi dell'indirizzo positivista; ed infine le opere "eclettiche" ("deco" e "floreali"), di valenza più ornamentale che gnomonica.
I pochi quadranti "moderni", realizzati negli anni '50 e '60, rappresentano isolati ed occasionali tentativi avulsi dalla tradizione, generalmente ignari dei rigorosi procedimenti gnomonici.
A partire dagli anni '80, stiamo assistendo ad un progressivo revival della Gnomonica e ad una ripresa della domanda di intervento, sia per il ripristino di impianti degradati che per la realizzazione di nuovi quadranti. Gli stili, le procedure ed i livelli della produzione corrente risultano frattanto molto eterogenei, per la improvvisata e individualista riformulazione di una attività drasticamente dismessa da cent'anni. Per la maggior parte dei quadranti attuali non si può neppure parlare propriamente di stile, ma di una libera mescolanza dei riferimenti del passato. Tuttavia una selezione delle opere gnomoniche di qualità permette di individuare due filoni meglio definiti: i quadranti "post-moderni" (in cui elementi estratti dai vari contesti stilistici classici vengono liberamente e consapevolmente reinterpretati come citazioni, come moduli compositivi, come un gioco metalinguistico) ed i quadranti "progressisti" (concepiti in linea con l’idea estetica emergente, figlia dei movimenti d’avanguardia del XX secolo, ma proiettata verso la nascente civiltà informatica globale).
Un ultimo aspetto del patrimonio gnomonico cui vale la pena accennare riguarda il contesto e la destinazione d'uso dei quadranti solari.
Nel passato gli orologi solari venivano costruiti normalmente per coordinare i ritmi delle attività collettive, pertanto i contesti architettonici ricorrenti sono stati le chiese parrocchiali, ovvero i campanili e le case canoniche (per stabilire gli orari delle funzioni religiose e per fornire il segnale orario, distribuito acusticamente dalle campane alla comunità parrocchiale, che per secoli ha costituito la vera unità sociale); i conventi e le abbazie (per l'adempimento della regola delle comunità religiose); le torri civiche e gli edifici municipali (in funzione istituzionale); gli edifici privati urbani prospicienti piazze e vie di transito (per la pubblica fruizione); le ville patronali di campagna, i palazzi nobiliari ed i castelli (per status e per il coordinamento delle mansioni della servitù); i cascinali con braccianti e gli opifici paleo-industriali (per segnalare gli orari di lavoro); le borgate isolate ed i cortili cittadini (ad uso di nuclei plurifamiliari).
La qualità delle opere corrispondeva proporzionalmente al livello sociale del contesto: laddove l'utenza era ristretta ad una piccola comunità popolare, i quadranti sono semplici e funzionali (per esempio nei villaggi di montagna); sugli edifici ecclesiastici i quadranti sono normalmente sobri ma costruiti a regola d'arte, potendo avvalersi le istituzioni clericali di provetti gnomonisti, facenti parte tradizionalmente di ordini o di congregazioni religiose; sugli edifici pubblici le installazioni si prospettano di solito retoriche e celebrative; sulle residenze aristocratiche gli impianti sono spesso elaborati dal punto di vista decorativo e raffinati dal punto di vista gnomonico, per sottolineare il fasto della nobiltà.
I quadranti solari di recente costruzione trovano invece la loro principale collocazione sulle abitazioni private, non tanto, ovviamente, per soddisfare una prioritaria istanza strumentale, quanto per valorizzare la casa con un singolare complemento d’arredo.

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Etimologia del termine "gnomonica"
Il termine "gnomonica" deriva da "gnomone", lo stilo che genera l'ombra, e "gnomone" è un vocabolo di origine greca che discende a sua volta dal termine "gnome", conoscenza. Da questa stessa radice etimologica provengono, per esempio, "gnosi" (la conoscenza spirituale), "gnosticismo" (la corrente filosofico-religiosa che sostiene la possibilità di attingere cognitivamente il divino) e "gnomo" (il popolare personaggio della mitologia europea, custode di tesori sotterranei, di una sapienza nascosta). Il termine "gnome" denota frattanto una conoscenza globale, profonda, una conoscenza non solo quantitativa e fisica del mondo esteriore, ma soprattutto qualitativa e spirituale della realtà e di se stessi.
Per essere precisi, "gnomon" gode di una duplice accezione in rapporto alla conoscenza: significa "ciò che dà conoscenza", "ciò che indica", "indice", e allo stesso tempo "colui che possiede conoscenza", "colui che sa valutare", "giudice". Nel primo caso, lo gnomone come "indice" esprime la valenza prettamente scientifica e strumentale dei quadranti solari, mentre, nel secondo caso, lo gnomone come "possessore della conoscenza" concerne l'aspetto simbolico delle meridiane, la loro funzione psicologica. La locuzione "possedere conoscenza", impropriamente ma suggestivamente attribuita ad un oggetto, figura quasi una immaginaria ritenzione di contenuti da parte di quello per dissimulare piuttosto la nostra difficoltà nel cogliere immediatamente il significato profondo delle cose.

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La funzione simbolica delle meridiane
Per quanto si estenda la coscienza dell'uomo, alcuni aspetti della realtà sembrano sfuggirle inesorabilmente, ed uno di questi è senz'altro l'essenza del Tempo. Così, mentre la memoria colleziona ostinata tracce del flusso degli eventi, l'attimo presente si rivela inafferrabile, e con lui la consistenza del passato e del futuro. L'uomo si avvale tuttavia dell'Arte e della Religione per confrontarsi, attraverso i simboli, con quei temi che superano la sua capacità razionale, potendo infine ognuno coglierne il senso profondo solo nell'intimità e nel silenzio del proprio cuore.
Da millenni si realizzano opere gnomoniche: strati di storia, sedimenti di cultura, una eredità scientifica e poetica cui solo lo sguardo distratto può restare indifferente. Così tutti siamo attratti dalle meridiane a causa di quella subliminale sensazione pacificante che trasmettono e che evidentemente corrisponde a precise funzioni simboliche esercitate sulla psiche umana.
Innanzi tutto su un quadrante solare celebrano silenziosamente il loro incontro la luce e l'ombra, il cielo e la terra, lo spazio ed il tempo, che, oltre ad essere delle realtà indiscutibilmente fisiche, sono immagini primordiali che rappresentano principi contrapposti. Al di là della sua valenza tecnica, il quadrante diventa la proiezione di un luogo mentale in cui tali contrapposti archetipi trovano un loro punto di contatto naturale. Insieme a loro si ricongiungono il mondo e la coscienza, la materia e lo spirito, il sentimento e l'intelletto; e qualcosa in noi si compiace di questo rito riconciliante.
Inoltre, guardando una meridiana solleviamo l'attenzione dal quotidiano, riconnettendoci seppur inconsciamente al cielo ed ai grandi fenomeni cosmici. Proprio a causa della sua vasta portata, questa dimensione universale - che pur ci appartiene - sfugge alla coscienza ordinaria imprigionata dalle piccole cose che ci circondano. Così, grazie ad una meridiana, nonostante la confusione, l'agitazione ed il rumore che ci ostiniamo a produrre, si ristabilisce un rapporto con certi riferimenti fondamentali per l'auto-orientamento nell'esistenza: i grandi ritmi del cielo, la geometria concreta del cosmo, le originali simmetrie della realtà.
La meridiana è quindi come una porta sul cielo e lo gnomone il suo cardine, il fulcro di una terna archetipica: l'ombra rappresenta l'effimero mondo fisico, il sole la luminosa eternità dello spirito e lo gnomone l'intelligenza dell'uomo che permette di cogliere nell'andamento dell'ombra le proprietà della luce. Lo conferma peraltro la sua etimologia e lo rimarcano in linguaggio metaforico i motti che fedelmente accompagnano da lungo tempo i quadranti solari.
Anche se una certa mentalità superficialmente "scientificista" - caratteristica di un secolo in cui hanno prevalso le urgenze materialistiche sulla cultura interiore dell'uomo - tende a misconoscere, se non a disprezzare, questa visione "simbolista", dobbiamo per lo meno umilmente riconoscere che millenni di civiltà, fino all'altro ieri, se ne sono felicemente avvalsi. Hanno incarnato questa visione i costruttori di tutti i monumenti gnomonici mitici dell'antichità, dal tempio di Salomone alle piramidi egizie, in epoche in cui il sapere non era frazionato e specialistico come oggi, ma in cui astronomia, magia e religione confluivano in una unica Conoscenza; l'hanno splendidamente celebrata i Gesuiti tra il '600 e il '700, disseminando il pianeta, dal Brasile alla Cina, di strumenti gnomonici raffinatissimi, metafore della manifestazione del divino nella bellezza e nella perfezione delle leggi del cielo; nei cinque Giardini Astronomici indiani fatti costruire nel XVIII secolo dal Marajà Sawai Jai Singh (a Jaipur, Delhi, Benares, Ujjain e Mathura) i numerosi e pregevolissimi strumenti gnomonici sono chiamati "yantra", configurazioni geometriche per la meditazione. Ed infine ricordiamo che questa stessa prospettiva ha un suo degnissimo spazio anche nella cultura scientifica occidentale contemporanea grazie all’autorevole opera dello psicologo Carl Gustav Jung.
D’altra parte oggigiorno il rinnovato interesse generale nei confronti della Gnomonica non è certo dovuto all'urgenza di una fruizione cronometrica dei quadranti solari in qualità di orologi - comunque tradizionalmente perpetuata -; tutti possediamo ormai un comodo e preciso orologio elettronico da polso. E neppure certe superficiali ragioni di ordine nostalgico-conservatore o meramente estetico giustificano la profonda e sincera attenzione che persone di ogni livello culturale rivolgono ora, come in passato, a questi strumenti. Al di là della loro applicazione pratica, le meridiane custodiscono il senso del Tempo, hanno l'estensione del cielo, sono spazi liberi e profondi, sono simboli benefici, propizi alla consapevolezza e all'integrità, pacificano l'animo di chi le frequenta ed orientano - per lo meno chi le fa costruire e chi le costruisce - nel labirinto dell'esistenza: funzioni ancor più preziose al giorno d’oggi, per compensare l’accelerazione e lo sconcerto psicologico della vita moderna. E non sono altrettanto efficaci gli Swatch...

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I motti delle meridiane
Le meridiane si distinguono come opere d’arte per la loro struttura complessa e articolata: si innestano nel contesto architettonico come arredo, conformandosi al suo stile, magari regolandone la composizione, arricchendolo di un repertorio iconografico e simbolico singolare, talvolta con raffigurazioni pittoriche, oltre a trasmettere ovviamente il proprio autorevole requisito strumentale attraverso griglie e segni grafici. Un’altra caratteristica ricorrente, peculiare e suggestiva, è costituita dall’inserimento di motti, che attribuisce ai quadranti ulteriore profondità sollecitando l’osservatore alla riflessione filosofica.
È interessante rilevare che queste sentenze moraleggianti e sapienziali vengono trattate da una disciplina dalla denominazione curiosamente assomigliante a "gnomonica": la Gnomica.
Ogni paese utilizza frasi nella propria lingua (un esempio in francese: "JE SUIS JUSTE, SOYEZ LE AUSSI", Io sono giusto, siatelo anche voi; in spagnolo: "INCLUSO UN SOLO CABELLO TIENE TAMBIÉN SU SOMBRA", Anche un solo capello ha la sua ombra; in inglese: "IT IS LATER THAN YOU THINK", È più tardi di quanto pensi) o ancor più efficacemente in dialetto (un esempio in piemontese: "MI MARCH E TI BALA", Io segno il tempo e tu balla; o in siciliano "BON TEMPU E MALU TEMPU NUN DURA TUTTU TEMPU", Il buon tempo e il cattivo tempo non durano tutto il tempo). Abbastanza rare sono le citazioni greche (come "PANTA REI", Tutto scorre), mentre l’idioma più adottato in assoluto risulta ancor oggi il latino, certo per tradizione, ma soprattutto per la sua impareggiabile qualità evocativa e per la sua sinteticità.
Il repertorio dei motti è vastissimo: si tratta di una gamma estesa anch’essa dalla luce all’ombra, attraverso filoni tematici dagli auspici più gioiosi, addirittura edonisti, fino agli ammonimenti più severi e tetri.
I motti più gradevoli sono certamente le dediche bene augurali ("HORAS TIBI SERENAS", Ti siano liete le ore; "NULLA FLUAT, CUIUS MEMINISSE NON IUVAT", Nessuna ora scorra di cui non sia bello ricordarsi; "AMICIS QUAELIBET HORA", Per gli amici a qualsiasi ora).
La predisposizione educativa dei quadranti solari si manifesta poi spontaneamente attraverso indicazioni sul giusto comportamento ("FESTINA LENTE", Affrettati con calma; "RISPETTA IL TEMPO"), l’enunciazione di massime ("SAPIENS DIVINAT", Il saggio prevede; "NIHIL SUB SOLE NOVUM", Nulla di nuovo sotto il sole) e i consigli morali ("DUM TEMPUS HABEMUS OPEREMUR BONUM", Finché siamo in tempo facciamo del bene; "ME LUMEN VOS CHARITAS REGAT", Mi sia guida la luce e a voi la carità).
Essendo spesso installati su edifici religiosi, se non addirittura realizzati da gnomonisti di estrazione ecclesiastica, talora richiamano alla devozione ed alla spiritualità ("A SOLIS ORTU USQUE AD OCCASUM LAUDETUR NOMEN DOMINI", Dall'alba al tramonto sia lodato il nome del Signore; "DEUS MIHI LUX", Dio mi dà la luce).
Qualche volta i quadranti parlano delle proprie prerogative ("HORAS DOCEO", Indico le ore; "SILENTER LOQUOR", Parlo silenziosamente; "NESSUN PARLAR VAL QUANTO IL MIO TACERE") o dell’arte, imprescindibile per la loro stessa costruzione ("SOLIS ET ARTIS OPUS", Opera del sole e dell'ingegno; "QUI L'ARTE IN SUO TRIONFO ADDUCE IL TEMPO, IL MOTO, IL SOL, L'OMBRA E LA LUCE"; "ARS NATURAM IUVAT", L'arte aiuta la natura; "ARS LONGA VITA BREVIS", Lunga è l'arte, breve la vita; "L’ARTE È DIFFICILE, LA CRITICA SEMPLICE").
Un’altra interessante tipologia riguarda il gusto per l’arcano e per l’enigma rappresentato su quadranti soprattutto ottocenteschi di ispirazione massonica (come la sciarada "MERCÈ IL PRIMIER SEGNO IL SECONDO, MERCÈ L'INTIER MI TROVO AL MONDO", Grazie al SOL segno le ore del DI’, grazie ai SOLDI sono stato realizzato; o il rebus di un pentagramma musicale con le note "FA MI FA RE SOL").
Ma l’obiettivo più plausibile per una meridiana è sicuramente quello di celebrare il sole ("SOL OMNIBUS LUCET", Il sole risplende per tutti; "SOL MEA LEX", La mia legge è il sole; "NIHIL SINE SOLE", Senza il sole nulla; "SINE SOLE SILEO", Senza il sole taccio) e il cielo ("COELI REFERT IMAGINEM", Riporta l'immagine del cielo) e la luce ("LUX ME REGIT", La luce mi governa; "A LUMINE MOTUS", Mosso dalla luce; "A LUCE PRIMORDIA DUCIT", Dalla luce trae i principi).
La luce incontra l’ombra sui quadranti ("SOLIS ET UMBRAE CONCORDIA", Unione del sole e dell'ombra; "IN LUMINE UMBRA SIGNAT, IN UMBRA LUMEN SIGNAT", Nella luce è l'ombra che indica, nell'ombra é la luce) e nell’andamento dell’ombra riconosciamo le leggi della vita ("UMBRA DOCET", L'ombra insegna; "CUM UMBRA NIHIL ET SINE UMBRA NIHIL", Se c'è ombra, nulla, e senza ombra, nulla), la metafora più realistica ("NOSTRAE SYMBOLU UMBRA VITAE", L'ombra è simbolo della nostra vita; "SICUT UMBRA DIES NOSTRI", Come l'ombra vanno i giorni nostri).
Contempliamo la natura del tempo ("OMNIA TEMPUS HABENT", Ogni cosa ha il suo tempo; "AFFLICTIS LENTAE CELERES GAUDENTIBUS HORAE", Scorrono lente le ore ai tristi, veloci a chi gioisce) ed in particolare la sua fugacità ("NOSTRA LABITUR AETAS", Passa il nostro tempo; "MANEO NEMINI", Non mi fermo per nessuno; "RUIT HORA", Il tempo fugge; "ASPICIENDO SENESCIS", Mentre guardi invecchi), l’impermanenza ("SIC TRANSIT GLORIA MUNDI", Così passa la gloria mondana; "VIDI NIHIL PERMANERE SUB SOLE", Nulla ho visto perdurare sotto il sole). Infine, soprattutto nei monasteri, le meridiane ben si prestavano alla "meditatio mortis", richiamando i monaci all’imminenza dell’ultima ora, per esortarli a più puri ideali spirituali, con motti decisamente lugubri ed ostici per l’indole mondano ("SCIS MEAS, NESCIS TUAM", Conosci le mie ore, non conosci la tua; "OMNES VULNERANT, ULTIMA NECAT", Tutte feriscono, l'ultima uccide).

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Il mestiere dello gnomonista
Nella seconda metà dell’800 l’interesse generale verso le meridiane ha iniziato a scemare per ridursi nel XX secolo ad isolati casi in ambito accademico o amatoriale. Negli anni ’80 questa tendenza si è finalmente invertita ed il numero di persone che si riavvicina alla Gnomonica è tuttora in costante aumento. La Gnomonica ha peraltro una natura eclettica e richiama cultori dalle più svariate estrazioni: matematici e astronomi interessati principalmente all’aspetto scientifico e strumentale dei quadranti solari, informatici per la programmazione di software specifico, storiografi della scienza, dell’arte, dell’architettura e degli ambiti locali, ricercatori bibliografici, catalogatori e fotografi impegnati nella documentazione del patrimonio, docenti sensibili all’interdisciplinarità della Gnomonica come supporto didattico, comunicatori attivi sul fronte della divulgazione con servizi giornalistici, produzioni editoriali, mostre e conferenze, costruttori di quadranti solari murali, portatili, sculturali e monumentali, pittori, decoratori, restauratori...
All’interno della vasta schiera degli appassionati si distingue poi una cerchia più ristretta di operatori gnomonici realmente produttivi in alcuni degli ambiti appena esposti. I più qualificati oggigiorno in Italia aderiscono al Coordinamento Gnomonico Italiano - una vivace comunità virtuale in contatto tramite mail-list -, anche se altri ancora, scollegati da ogni associazione nazionale o internazionale, agiscono isolatamente a livello locale. I costruttori di quadranti solari, quelli direttamente impegnati alla produzione di opere gnomoniche, costituiscono a loro volta soltanto un settore dell’ampia sfera degli operatori gnomonici. Alcuni di questi gnomonisti, nel senso esteso del termine, si occupano esclusivamente di calcolo e dei componenti strumentali avvalendosi di collaboratori per l’esecuzione manuale, o viceversa; mentre altri gnomonisti, nel senso più stretto del termine, realizzano meridiane in piena autonomia, curandone personalmente tutti gli aspetti teorici e pratici.
Anche l’esercizio professionale della Gnomonica presenta attualmente una gradualità piuttosto sfumata: molti gnomonisti, alcuni assai esperti, attuano a livello puramente amatoriale; per altri la costruzione di meridiane rappresenta un’attività professionale occasionale oppure un’attività professionale regolare secondaria; per pochissimi – si contano sulle dita di una mano in Italia - costituisce l’occupazione primaria ovvero esclusiva.
Il requisito indispensabile per esercitare il mestiere dello gnomonista, nella sua espressione integrale, è l’eclettismo: la sua formazione deve includere competenze scientifiche (nozioni di matematica, in particolare di trigonometria, e di astronomia), oggigiorno informatiche (per la elaborazione dei programmi di calcolo, per la progettazione e, più in generale, per la gestione dell’attività), tecniche (conoscenza di materiali e procedimenti costruttivi, specialmente pittorici e murari, oltre ai metodi del restauro), pratiche (per la produzione concreta dei manufatti e per l’organizzazione dei cantieri), artistiche (deve intendersi di composizione, di grafica e colori, di progettazione e di risorse esecutive), umanistiche generali (conoscenze di storia, in particolare dell’arte e dell’architettura, di latino per l’interpretazione degli antichi reperti, di iconografia e di araldica), mediatiche (per rispondere alla assidua richiesta di interventi didattici e divulgativi, conferenze e pubblicazioni, per curare l’immagine e le pubbliche relazioni imprescindibili da qualunque attività artistica, oggi soprattutto attraverso internet), amministrative e commerciali (per condurre una struttura professionale inconsueta e per relazionarsi direttamente con clienti e intermediari). Infine – sembrerebbe un presupposto marginale, ma non lo è affatto - deve possedere vigore fisico e psichico per sostenere gli sforzi corporali e intellettuali estremamente oscillanti intrinseci a questo mestiere: deve essere in grado di passare dallo studio teorico più approfondito alla più energica manualità, attraversando la creazione, la progettazione esecutiva e la destrezza artigianale... È normale che un carpentiere, abituato al duro lavoro sulle impalcature, non sappia nulla di trigonometria sferica e che uno scienziato, avvezzo alle fatiche dell’ingegno, sia sprovveduto in relazione alle tecniche pittoriche e murarie; la principale prerogativa di uno gnomonista sta appunto nella sua versatilità, nell’impersonare un complesso di competenze, talora contrastanti, indispensabili per praticare la "nobile arte della luce e dell'ombra".
In via di massima l’attività dello gnomonista ha un andamento ciclico conformandosi, sia per motivi di ordine tecnico che organizzativo, al ritmo naturale delle stagioni. Sussiste dunque una bassa stagione gnomonica, autunno-invernale, dedicata alla progettazione delle opere in corso, ed un’alta stagione gnomonica, da marzo ad ottobre, dedicata alla messa in opera dei nuovi impianti.
Le procedure di realizzazione variano non solo per ogni autore, ma anche in base al tipo di intervento ed alle istanze della committenza. Per esemplificare tuttavia, i termini di una procedura standard per la realizzazione di un'opera gnomonica ex novo si possono riassumere in 4 fasi successive: i rilievi (tecnici, fotografici e documentari, cioè l'assunzione dei dati relativi alla commissione, all’ubicazione ed al contesto), la progettazione (che comprende l'elaborazione dei rilievi, il calcolo della struttura gnomonica, il progetto artistico ed esecutivo del quadrante e la produzione documentaria); la messa in opera (che comprende tutte le effettive operazioni per la costruzione del manufatto, cioè l’installazione dello gnomone, la demarcazione e le verifiche, l’esecuzione dell’impianto strumentale e decorativo) e la conclusione (che comprende infine tutte le operazioni consuntive, documentarie e amministrative).
Il mestiere dello gnomonista, oggi come in passato, esige dunque, oltre alla versatilità ed al vigore, dedizione ed equilibrio, concentrazione, precisione e soprattutto molta pazienza. La fatica d’altra parte è ampiamente compensata non solo dal risultato, dal repertorio artistico prodotto ed esposto permanentemente nella più vasta galleria pubblica, alla luce del sole, ma soprattutto dal lavoro in sé, dalla sua entusiasmante virtù: tratteggiare lo spazio e il tempo, interagire con la luce e con l’ombra. Un gioco sottile dal sapore alchemico, un’attività suggestiva ed appagante, un privilegio.

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